Storia di un Punto

Storia di un Punto che mangiò l’universo

ilpunto

C’era una volta un Punto, che si stancò d’essere così piccolo.

     Pensò dunque di mangiarsi lo spazio attorno a sé,

per diventare grande.

Adesso non era più un punto, dicevano. Tutti lo guardavano pieni di meraviglia.

No, non era più un punto.

Era un cerchio.

No no, una sfera.

No no, la chioma di un albero.

No anzi, il mondo.

Il punto orgoglioso si grattava la pancia e continuava a mangiare.

Si mangiava tutto, tetti, palazzi, strade. Gatti, zebre e giraffe. I semafori li usava come stuzzicadenti.

Oceani e mari se li beveva in un sorso. Le nuvole, per digerire, come fossero citrosodina.

Quando fu il momento dell’atmosfera, ci ficcò dentro la bocca come nello zucchero filato.

Mandò giù interi satelliti e navicelle spaziali, senza pensarci.

Poi mangiò le stelle.

E le comete, che gli frizzavano in bocca.

Mangiò la gravità e la luna.

Si mangiò la luce.

Stava per sgranocchiare l’ultimo raggio, quando si accorse di aver mangiato un po’ troppo,

e proprio in quell’istante, scoppiò.

Mentre si sparpagliava in tutto l’universo –che per qualche istante soltanto non fu più universo,

ma semplicemente vuoto– pensò che esplodere era grande, era bello.

E che non era per davvero la fine,

ma soltanto un altro inizio.

(BeatBit) Grillo illuminato dalla scienza: cattive pratiche di giornalismo

Illuminato dalla scienza

Secondo un articolo apparso sul NewScientist prima, e ripubblicato tradotto in italiano sull’Internazionale poi (Internazionale 990, 8 marzo 2013; pag. 25), Grillo sarebbe un leader politico “illuminato dalla scienza”. L’intervista, realizzata dalla giornalista italiana Laura Margottini, lascia emergere che il M5S sia un movimento guidato dall’interesse per la ricerca e il progresso, come se la spiccata sensibilità ambientalista bastasse da sola a testimoniare una solida cultura scientifica.

A parte il fatto che appare ridicolo che Grillo dichiari di non farsi intervistare da giornalisti italiani, perché portatori di cattive pratiche mass mediali, ma si faccia poi di fatto intervistare da una giornalista italiana, solo perché scrive su una testata straniera (e tra l’altro non solo lì, in realtà, come riporta il suo profilo personale su LinkedIn). In secondo luogo, l’intervista è totalmente lontana dalla verità dei fatti: alcuni lettori del NewScientist lo hanno fatto notare alla Redazione, che ha dunque chiesto a Fabio Turone, presidente di Science Writers in Italy, di redigere un commento, in cui vengono messi in luce svariati taciuti aspetti delle posizioni di Grillo su alcune questioni scientifiche. Cito dal sito: “Following the publication of this interview, a number of readers have suggested that our correspondent should have pressed Grillo more closely on statements he has made about science in the past. We have invited Fabio Turone, president of the professional association Science Writers in Italy, to respond in the comments below”.

Purtroppo, la Margottini non ha rivolto domande su nessuno degli argomenti spinosi, limitandosi a dichiarare che “a un certo punto, nei suoi spettacoli lei ha cominciato a parlare di scienza e di tecnologia e la gente la veniva a vedere non solo per ridere, ma anche per essere informata. Cosa l’ha spinta a farlo?”. Ad essere del tutto sincera, mi interesserebbe più sapere cos’ha spinto la Margottini a realizzare un’intervista così, se non di parte, quantomeno inattendibile e spiccatamente non esaustiva. Se è vero che al M5S va il merito di aver portato all’attenzione di tutti la questione delle energie rinnovabili, del problema dei rifiuti e dell’importanza di una nuova sensibilità verso l’ambiente, è anche vero che si contraddistingue per lo più per atteggiamenti anti-scientifici, complottistici e reazionari (tecnologicamente parlando, s’intende). Basta sfogliare con un po’ di pazienza il blog: anzi, bastava, visto che mi accorgo, proprio mentre scrivo, che i post in questione sono stati prontamente eliminati; in ogni caso, ve ne rimane testimonianza su alcune testate italiane (ovviamente “cattive”, secondo i grillini). Grillo ha, nell’ordine, sostenuto che: Giuliani potesse prevedere i terremoti; il vaccino trivalente causa l’autismo; le scie rilasciate dagli aerei sono scie chimiche; l’Aids è un’invenzione delle case farmaceutiche col fine del guadagno, ma in realtà non è mai esistita, così come pure il cancro; gli OGM uccidono; la Biowashball è miracolosa; la cura Di Bella funziona e via dicendo altre formidabili bufale, pubblicizzate a gran voce al suo megafono, non curante del peso che hanno ormai assunto le sue posizioni (per molti è un vero e proprio guru, che dice solo cose buone e giuste).

Si potrebbe anche soprassedere sui suoi seguaci, che, come ha osservato Vittorio Sgarbi, sono solo atomi sparsi di un grande corpo -il suo- senza mente né identità alcuna, che rotolano tra gli scranni del Parlamento radiocomandati dal trascendente Casaleggio. Però almeno un caso va citato: pochi giorni fa, l’attivista Oliviero Pelucchi ha proposto di abolire l’obbligatorietà delle vaccinazioni nella regione Lombardia (obbligatorietà ormai ridotta a quattro vaccini, se vogliamo proprio essere precisi), con delle motivazioni a dir poco raccapriccianti. Secondo Pelucchi, i vaccini sarebbero pericolosi, causerebbero morti e allergie, ma soprattutto sarebbero responsabili del cancro: sì, del cancro. Perché quando ci facciamo vaccinare, in realtà ci inoculano il virus del cancro. Il cancro è un virus, iniettato quando da bambini ci portano a fare punture su punture, cosicché le case farmaceutiche (i cui stessi dipendenti si sono fatti vaccinare da piccoli, in un quadro schizofrenico in cui non si coglie un solo nesso logico) possono lucrare sulla nostra vita di malati cronici.

Questi sono i presupposti. Non si capisce dunque come la ricerca scientifica possa effettivamente avere un posto privilegiato nel programma grillino, ché se anche lo avrà, speriamo non dirottino i finanziamenti pubblici su quelli che loro considerano studi attendibili e ben fatti. Nemmeno si capisce come Grillo possa dichiarare con sdegno che “abbiamo finito per avere, nei posti di potere, persone che non sanno niente di ricerca, tecnologia, innovazione, energia pulita, economia sostenibile”. Forse qualcuno dovrà prima o poi fargli notare che le opinioni di un comico non corrispondono alla realtà dei fatti, che la scienza si nutre di prove ed evidenza e non di isterismi e sclerotiche dimostrazioni di ignoranza e che non tutte le donne sono disposte a utilizzare la mooncup (chiedo venia io a nome di tutte coloro che non trovano particolarmente confortevole inserirsi una coppetta di silicone che raccoglie il proprio liquido mestruale). E anche che, tra le altre cose, dovrebbe forse rivedere i criteri utilizzati per discernere tra buono e cattivo giornalismo.

(PepperBit) Le Iene e il metodo Vannoni: la dura responsabilità di una cattiva informazione

Le Iene non è certo un programma di nicchia, né uno show smaccatamente assurdo come i talk show della D’Urso o Mistero, che è fin troppo palese che dicano cazzate. Al contrario, il programma di Italia 1, quest’anno in onda in prima serata la domenica, si presenta come un programma di buona informazione, talvolta dissacrante, spinto dalla volontà di smascherare bugie, imbrogli, inganni e verità non dette. Non solo. Lo seguono milioni di persone, per lo più giovani studenti: la puntata del 17 febbraio 2013, quella in cui si parlava di Gioele, per intenderci, è stata vista da 3.222.000 di spettatori, con il 14, 77% di share. Anche quella del 24 febbraio 2013, in cui invece c’era un servizio su Celeste, ha registrato più o meno gli stessi ascolti ed è stato, con il 15,02% di share, il secondo programma più visto dopo la fiction Tutta la musica del cuore, mandato il onda da Rai1. Senza poi contare le visualizzazioni delle clip caricate online. Insomma, per farla breve, with great power comes great responsibility: ecco dunque che è ancora più incresciosa, imbarazzante e condannabile la serie di interviste –qui uno dei servizi– che Giulio Golia ha realizzato sul metodo Vannoni.

Non è certo una novità che si gridi al complotto della medicina tradizionale contro forme di medicina alternativa, che verrebbero ostacolate per non dover spartire lauti guadagni: il Grillo-pensiero, secondo cui Aids e cancro sarebbero un’invenzione delle case farmaceutiche guidate da interessi economici, è purtroppo sensibilmente diffuso. Qui la questione è un po’ più delicata, perché non c’è una vera e propria opposizione tra tradizionale e alternativo, ma piuttosto la sponsorizzazione di cure con le cellule staminali, su cui la medicina “convenzionale” stessa conduce sempre più studi, con crescente interesse verso le promettenti applicazioni.             Il filo rosso della vicenda è più che altro un’accusa alla burocrazia -avessero detto il sistema sarebbe stata la stessa cosa, vista l’approssimazione di contenuti-  che , nella veste del Ministero della Sanità e dell’AIFA ( Agenzia italiana del farmaco), avrebbe impedito alle famiglie di bambini affetti da gravi patologie di curarli adeguatamente: ovviamente, ogni servizio reca primi piani strazianti e zoom ripetuti su una quotidianità di tristezza e dolore.  E se non è assolutamente il caso di giudicare la reazione di un genitore di fronte alla sofferenza del proprio figlio, mi pare invece doveroso segnalare il lavoro inappropriato e vergognoso di un giornalista: e non è neanche necessario scendere nei dettagli tecnici della questione; è più che sufficiente soffermarsi sul metodo adottato nel diramare un argomento profondamente complesso e una vicenda spinosa.

Il dottor Vannoni, che si definisce un neuroscienziato e che Giulio Golia intervista come fosse un luminare, è laureato in Lettere e è attualmente affiliato all’Università di Udine, in cui è professore associato nel dipartimento di Scienze Umane e insegna Psicologia generale. Ripeto: psicologia generale.  Davide Vannoni sostiene di poter curare, con il suo metodo, più di 60 tipi di malattie, tra cui:

Tutte grazie allo stesso principio, tutte indistintamente: insomma, lui, laureato in Lettere, avrebbe scoperto una miracolosa cura polivalente. Il commento a questa terapia ” che porta incredibili progressi” viene affidato non a un medico, non a un ricercatore, non a qualcuno che possa spiegare, contraddire, muovere obiezioni, ma ai padri e alle madri di bimbi malati. Secondo Golia, cosa mai potrebbe dire, fare o pensare a un genitore disperato di fronte a una promessa di guarigione, forte di piccoli miglioramenti? Ovviamente, non si accenna neanche al fatto che bisogna vedere quale sarà l’evoluzione della malattia sul lungo termine, che è troppo presto per poter trarre conclusioni lapidarie (“incredibili progressi”) e che le sperimentazioni si devono basare non su uno, non su due pazienti, ma su più casi, monitorati nel tempo. E per approfondire ulteriormente, chi altro viene intervistato? Il dottor Vannoni. E qual è la sua brillante dichiarazione? Che a una lucertola, a cui io abbia tagliato la coda, la coda ricresce. Che le cellule staminali ci fanno crescere i capelli, le unghie. Che sanno dove andare, che si trasformano nel tessuto che serve, che questa è una cosa fantastica. Che secondo lui dovrebbe esserci un centro di studi sulle staminali al fianco di ogni unità spinale ospedaliera. Insomma, a sentirlo parlare, quest’inquietante caricatura di sé stesso, sembra che sia solo lui a fare ricerca sulle staminali in Italia, che abbia scoperto lui tutti i potenziali utilizzi in campo medico e che fuori ci sia una schiera di scettici diffidenti pronti a diventare suoi detrattori, non perché i suoi studi non hanno dimostrato validità alcuna, no. Per qualsiasi altra ragione, tranne per quella più ragionevole. E Golia non chiede né si chiede se per caso le cose stiano in un altro modo, non indaga, non si procura altri pareri. Si limita a mettere musiche allegre e spensierate come sottofondo alle immagini dei bambini, delle famiglie e del professore in neuroscienze cognitive, mentre ogniqualvolta cita medicina tradizionale, AIFA e Ministero le note si fanno cupe e lugubri, portatrici di funesti presagi. Increscioso, veramente.

Servizio di Giulio Golia

Dal servizio di Giulio Golia

Poi si va sul sito della StaminaFoundation e si scopre che non c’è traccia di  risultati e statistiche, né una descrizione del metodo utilizzato o dei casi trattati, e nemmeno la pubblicazione di un qualsiasi studio. Invece, sul sito degli Spedali Civili di Brescia ad oggi si legge che L’ Azienda ha cessato ogni trattamento in questione, per effetto di formale divieto disposto dall’AIFA con ordinanza n. 1/2012.  Anche il rapporto convenzionale con STAMINA Foundation è stato interrotto.

Purtroppo, come sempre viene fatto passare il messaggio che la scienza e in particolare la medicina siano un sapere rigido e sorretto da interessi economici, che non ammette il dubbio o voci discordanti: mentre invece è esattamente il contrario, e a non ammettere il dibattito qui sono proprio Golia, che non si è preoccupato di raccogliere più informazioni, di documentarsi a dovere, e il dottor Vannoni, che è assolutamente convinto di maneggiare la materia, nonostante un cv totalmente inadeguato. Quel che è più grave è che si pretende di risolvere una questione ampia e impervia semplificando, perché certo semplificare permette di farsi capire da più persone e soprattutto di raccogliere più consensi. Certo, è proprio quello che ci vuole. Un atteggiamento del genere non solo è fuorviante, non solo snatura la logica intrinseca del progresso scientifico, ma inganna tutti quelli che non hanno gli strumenti, le capacità e le conoscenze pregresse per capire l’idiozia delle elucubrazioni del sedicente professore. E il punto non è il cosa, ma il come: ché di dibattiti su malattie, cure, pianeti, asteroidi, universo, elementi, equazioni, materia, anti materia ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno, ma hanno senso se e solo se sono condotti con cognizione di causa, da persone competenti e soprattutto rispettando il requisito minimo del metodo sperimentale, che è quello dell’evidenza razionale.